Il mio interesse per la natura e l’escursionismo risale a circa venti anni fa, quando ancora inesperto ma, con la voglia di scoprire luoghi nuovi e posti insoliti e con il desiderio di fare nuove esperienze, ho iniziato a visitare e frequentare, il Supramonte di Baunei. Allora non immaginavo neppure che l’escursionismo sarebbe diventato una vera e propria passione. L’occasione mi fu data da Giorgio che, in una libreria di Nuoro, aveva trovato una carta escursionistica realizzata dai tipi e modelli dell’I.G.M. con la descrizione sommaria di una ventina d’itinerari escursionistici situati nel territorio di Baunei che lo avevano incuriosito e interessato molto, e m’invitò insieme con Agostino a fargli compagnia per la visita e la scoperta di alcuni di questi.
E’ così che nella primavera del 1989 ci trovammo tutti insieme a visitare per la prima volta il Supramonte di Baunei. Per la verità non era stata un’esperienza molto esaltante anzi: dopo un lungo viaggio di avvicinamento sulla panoramica S.S. 125 Orientale Sarda, attraversato l’abitato di Baunei e raggiunto l’altopiano del Golgo, avevamo scelto come “prima uscita” il bacu Orrolossi. L’itinerario che sulla carta doveva essere facile e breve, era una via di collegamento tra il Planu Supramonte e il mare, tramite una “scala e fustes” che discendeva un salto di roccia e proseguiva su un sentiero all’interno della valle di Forrola, racchiusa tra un meraviglioso scenario di vertiginose pareti di roccia sino a giungere alla guglia di Perda Longa.
Il percorso si rivelò più difficile del previsto poiché smarrimmo il sentiero all’interno di un’intricata vegetazione che ci costrinse a raggiungere alla bell’é meglio la meta fissata e a faticare parecchio soprattutto nel tragitto di ritorno. “Toccammo con mano” così, fin da subito, le difficoltà del Supramonte, un territorio montuoso aspro e selvaggio, affascinante e fortemente inaccessibile, non facile da visitare vista la sua complessa orografia. Tuttavia questa esperienza non ci condizionò più di tanto e dopo un paio di settimane ritornammo in questa regione per percorrere un altro itinerario che avevamo individuato nel bacu Mudaloru.
La “conquista” del primo sentiero all’interno di un “bacu” (vallone) che conduceva al mare ci galvanizzò talmente tanto che decidemmo di proseguire nelle nostre esplorazioni per visitarli tutti. Soprattutto con Agostino, mio fraterno amico e compagno di viaggio e di avventure per tanti anni, con il quale ero molto affiatato e con il quale ho condiviso a lungo intense ed entusiasmanti esperienze in montagna, ci ritrovammo negli anni 1990 e 1991 a esplorare e percorrere quasi tutti gli itinerari di questo selvaggio e meraviglioso angolo di Sardegna. Il Supramonte con il suo ambiente primordiale, misterioso, fondamentalmente integro dal punto di vista ecologico, mi aveva attratto fin da subito.
Anche lui era rimasto conquistato da questo territorio, dal suo spettacolare abbinamento mare-montagna, che da sempre esercita un fascino e un’irrefrenabile forza di attrazione. Soprattutto Cala Goloritzè, con la presenza dell’imponente guglia lo aveva stregato, in questa località che oltre tutto ha visto nascere la nostra passione per l’arrampicata sportiva, ci ritornavamo con piacere ogni anno con il desiderio sempre più forte di imparare ad arrampicare per scalare la guglia, ma soprattutto per poterci cimentare nell’unico ma più difficile itinerario che ci era rimasto ancora da scoprire e percorrere: il Selvaggio Blu.
Corteggiammo questo impegnativo percorso per diverso tempo fino a quando decidemmo con determinazione di avvicinarci all’arrampicata e all’alpinismo per poterlo affrontare. Nel frattempo si era unito a noi anche Franco, che avevo emotivamente coinvolto con i racconti delle nostre avventure e che da quel momento in poi divenne parte importante e integrante del nostro gruppo. Iniziammo così tutti insieme, a dedicarci all’arrampicata che per diversi anni divenne la nostra principale attività sportiva e dopo un periodo di esercitazioni e pratica con corde, moschettoni, discensori e scalate varie, ci sentimmo pronti per affrontare le parti alpinistiche del Selvaggio Blu.
Nel 1993 rompendo gli indugi iniziammo l’esplorazione della parte meridionale del Selvaggio, quella che va da Perda Longa a Cala Goloritzè e nonostante qualche difficoltà di orientamento, lo percorremmo tutto in un lungo, faticoso ma stupendo fine settimana. Solo in seguito ci dedicammo alla parte settentrionale, quella più impegnativa, che decidemmo di percorrere in un secondo momento, non prima di aver compiuto delle esplorazioni di ricognizione per individuare i passaggi alpinistici e i punti ritenuti di più difficile localizzazione.
Questo fu indispensabile poiché le informazioni che circolavano in quel periodo su questo percorso, erano pochissime e a parte alcune vecchie cartine dell’I.G.M. che avevamo consultato, le uniche indicazioni in nostro possesso, erano rappresentate dalla carta escursionistica “Baunei Sentieri” senza dubbio utile ma non certamente esaustiva, in più non conoscevamo nessuno che avesse percorso il sentiero, per questi motivi decidemmo di muoverci con prudenza. Portammo a termine diverse esplorazioni, compiendo verifiche prima nel bacu Boladina per scoprire la paretina da arrampicare, poi nella zona di Mudaloru per cercare di identificare il primo punto di discesa in corda, in seguito esplorammo la zona di Urele e Feilau, la Scala Oggiastru e Piddi, fino a scoprire i salti per scendere nel pendio di Birìola.
Infine con un’ultima escursione, in uno splendido fine settimana di aprile del 1995 in compagnia di Giorgio e Sandro, individuammo anche il caratteristico passaggio di Su Strumpu e il diedro da arrampicare prima del grande salto in corda per scendere nel bosco di Sisine. Quel giorno la nostra soddisfazione fu tanta, poiché avendo trovato questi ultimi passaggi, quelli ritenuti più difficili, eravamo consapevoli che di lì a breve avremmo finalmente percorso integralmente tutto il Selvaggio Blu.
Nella primavera del 1996, infatti, partendo da Cala Goloritzè in tre lunghi, impegnativi ma stupendi giorni percorremmo finalmente tutto il sentiero fino a Cala Sisine. In queste nostre esplorazioni, prima alla ricerca dei punti chiave del percorso, poi nel suo integrale attraversamento, abbiamo spesso scoperto e visitato luoghi solitari e isolati, di difficile accesso, dove ci si può perdere all’interno di un’intricata vegetazione, ma al tempo stesso oltre che godere di panorami unici e ineguagliabili in tutto il Mediterraneo, ritrovare sempre con stupore e soddisfazione, le tracce e i sentieri lasciateci in pegno dagli uomini che in questi territori vissero e lavorarono duramente per tantissimi anni: i carbonai e i pastori-caprai. E’ grazie alla loro fitta rete di sentieri e passaggi nascosti, nella parte sopravvissuta al dissesto idrogeologico e alla parziale ricrescita del bosco, che è ancora possibile spostarsi all’interno di questo territorio e collegare i diversi punti altrimenti non raggiungibili di questo strepitoso itinerario.
L’aver percorso il Selvaggio Blu, l’averne osservato i colori, ascoltato i suoni, respirato i profumi, vissuto l’ambiente selvaggio e severo, accettato e sopportato gli imprevisti e i disagi, non placò la nostra curiosità, la nostra voglia di conoscenza anzi, contribuì a far nascere in noi il desiderio di lasciare una traccia del nostro passaggio. La nostra attenzione si concentrò così sul tratto di costa che va da Cala Sisine a Cala Luna, collegate con un’antica mulattiera, che spingendosi nell'entroterra permette di aggirare le difficoltà di un percorso costiero. Nonostante ciò, decidemmo di realizzare un collegamento alternativo tra le due cale a una quota altimetrica più bassa rispetto all’itinerario esistente.
Una “variante costiera” che congiungesse le due cale, sarebbe stata l'ideale epilogo del "Selvaggio Blu", rimasto incompiuto proprio sul tratto che va da Cala Sisine a Cala Luna. Nell'autunno del 1996 iniziammo l'esplorazione della zona riuscendo a percorrere un buon tratto di costa e a ricollegare i resti di antiche mulattiere, fermandoci soltanto a ridosso di un primo e ampio vallone apparentemente invalicabile. L'anno seguente trascorse, senza che si riuscisse a continuare l'esplorazione del rimanente tratto costiero, la scomparsa di Agostino tragicamente deceduto mentre scalava in solitaria una falesia di Capo Caccia ad Alghero, ci fece perdere l'entusiasmo e la voglia di proseguire il progetto intrapreso insieme con lui.
La passione e la testardaggine di Bastiano, che lo portarono a esplorare solitario quelle balze abbacinate dal sole, ci riportò tutti insieme in questo tratto di costa all'inizio del 1998. Sostenuti dal ricordo dell'amico scomparso dopo alcune continue e faticose uscite, riuscimmo a tracciare un sentiero che, costeggiando il mare unisce Cala Sisine con Cala Luna. L'obiettivo di percorrere un sentiero che collegasse le due Cale il più possibile vicino al mare, riteniamo sia stato raggiunto nel modo più logico possibile, anche se non sta certamente a noi giudicare la bontà di quanto fatto. Tuttavia sapere che oggi la variante costiera è diventata una realtà, apprezzata e percorsa da molti escursionisti, ci riempie di soddisfazione.
Gli anni seguenti fino a oggi, sono stati contraddistinti da un naturale consolidamento delle esperienze e da abituali uscite ed escursioni con vecchi e nuovi compagni di viaggio, alla scoperta di nuove realtà e nuovi posti che mi hanno portato a conoscere meglio e ad amare sempre di più la mia terra, ad acquisire una consapevolezza diversa dello stare a contatto con la natura, non più considerata soltanto come sfondo di un momento sportivo, ma soprattutto vissuta come scoperta e percezione più attenta e profonda del suo ambiente e dei suoi fondamentali elementi. Inoltre attraverso una formazione tecnica più appropriata, ho imparato in maniera più scrupolosa a osservare e considerare le montagne da un altro punto di vista, quello del rispetto e della sicurezza. E’ così che dopo tanti anni di "avventure” ho sentito il desiderio di creare uno spazio web.
INSIDESARDINIA, un nome che a qualche amico ha fatto storcere il naso, ad altri è sembrato un po' scontato e banale. Magari l'idea non è tra le più originali, ma l'intenzione non era certamente quella di nominare il sito in inglese per moda, più semplicemente tra quelli che ho preso in considerazione, è l’unico che alla fine mi sia piaciuto. L'idea di partenza era di realizzare un sito che parlasse della montagna sarda partendo per prima cosa dalle esperienze che vi ho vissuto e che desideravo in qualche modo raccontare. Quando ho iniziato a lavorarci all’inizio del 2009, non mi era ben chiaro quale sarebbe stato il suo futuro e ancora oggi il progetto non ha assunto un profilo ben definito. Tra l’altro l’intento di sviluppare il sito in un modo più romanzato, più personale e profondo, è stato per diversi motivi messo in disparte almeno per ora.
Le descrizioni tecniche sui percorsi hanno avuto in conseguenza di ciò, una rilevanza maggiore rispetto a quello che pensavo di dargli, ma questo forse era anche logico e naturale oltreché necessario. Comunque anche questo modo di proporre i percorsi, credo possa raccontare di come uno "sente e vive" la montagna. La pagina degli itinerari è perciò la sezione più importante di questo sito, quella che racchiude le esperienze che da circa vent’anni a questa parte mi hanno permesso di conoscere più a fondo la Sardegna. Il desiderio di descrivere alcune delle mie più belle escursioni, non nasce per smania di protagonismo, ma più semplicemente perché sono convinto che nel momento in cui si fanno partecipi gli altri delle proprie esperienze, le conoscenze di ognuno di noi possano essere utili e portino vantaggi a tutti, in ultima analisi sono un modo per condividere emozioni.
Questo spazio web non ha quindi scopo di lucro, ha esclusivamente come fine quello di fornire a qualunque persona interessata a praticare attività in ambito naturale in Sardegna, uno strumento utile per la conoscenza delle sue montagne e del suo ambiente. Oltre a ciò vuole valorizzare una disciplina sportiva, a basso impatto ambientale come l’escursionismo, diffusa in tutta Europa, ma che sta avendo soprattutto negli ultimi anni, uno sviluppo considerevole anche in Sardegna e che potrebbe essere inoltre utilizzata, in maniera attenta e oculata a fini turistici, per promuovere l’isola come meta ideale per il turismo all’aria aperta, in una logica di sviluppo e nell’ambito di una destagionalizzazione e delocalizzazione dei flussi. Infine spero che il sito possa funzionare anche come strumento per nuove conoscenze, di dialogo e confronto con altri appassionati di montagna, pertanto rimango a completa disposizione per qualsiasi esigenza e approfondimento.
Nel frattempo vi auguro una buona navigazione.
Roberto Manconi
E’ così che nella primavera del 1989 ci trovammo tutti insieme a visitare per la prima volta il Supramonte di Baunei. Per la verità non era stata un’esperienza molto esaltante anzi: dopo un lungo viaggio di avvicinamento sulla panoramica S.S. 125 Orientale Sarda, attraversato l’abitato di Baunei e raggiunto l’altopiano del Golgo, avevamo scelto come “prima uscita” il bacu Orrolossi. L’itinerario che sulla carta doveva essere facile e breve, era una via di collegamento tra il Planu Supramonte e il mare, tramite una “scala e fustes” che discendeva un salto di roccia e proseguiva su un sentiero all’interno della valle di Forrola, racchiusa tra un meraviglioso scenario di vertiginose pareti di roccia sino a giungere alla guglia di Perda Longa.
Il percorso si rivelò più difficile del previsto poiché smarrimmo il sentiero all’interno di un’intricata vegetazione che ci costrinse a raggiungere alla bell’é meglio la meta fissata e a faticare parecchio soprattutto nel tragitto di ritorno. “Toccammo con mano” così, fin da subito, le difficoltà del Supramonte, un territorio montuoso aspro e selvaggio, affascinante e fortemente inaccessibile, non facile da visitare vista la sua complessa orografia. Tuttavia questa esperienza non ci condizionò più di tanto e dopo un paio di settimane ritornammo in questa regione per percorrere un altro itinerario che avevamo individuato nel bacu Mudaloru.
La “conquista” del primo sentiero all’interno di un “bacu” (vallone) che conduceva al mare ci galvanizzò talmente tanto che decidemmo di proseguire nelle nostre esplorazioni per visitarli tutti. Soprattutto con Agostino, mio fraterno amico e compagno di viaggio e di avventure per tanti anni, con il quale ero molto affiatato e con il quale ho condiviso a lungo intense ed entusiasmanti esperienze in montagna, ci ritrovammo negli anni 1990 e 1991 a esplorare e percorrere quasi tutti gli itinerari di questo selvaggio e meraviglioso angolo di Sardegna. Il Supramonte con il suo ambiente primordiale, misterioso, fondamentalmente integro dal punto di vista ecologico, mi aveva attratto fin da subito.
Anche lui era rimasto conquistato da questo territorio, dal suo spettacolare abbinamento mare-montagna, che da sempre esercita un fascino e un’irrefrenabile forza di attrazione. Soprattutto Cala Goloritzè, con la presenza dell’imponente guglia lo aveva stregato, in questa località che oltre tutto ha visto nascere la nostra passione per l’arrampicata sportiva, ci ritornavamo con piacere ogni anno con il desiderio sempre più forte di imparare ad arrampicare per scalare la guglia, ma soprattutto per poterci cimentare nell’unico ma più difficile itinerario che ci era rimasto ancora da scoprire e percorrere: il Selvaggio Blu.
Corteggiammo questo impegnativo percorso per diverso tempo fino a quando decidemmo con determinazione di avvicinarci all’arrampicata e all’alpinismo per poterlo affrontare. Nel frattempo si era unito a noi anche Franco, che avevo emotivamente coinvolto con i racconti delle nostre avventure e che da quel momento in poi divenne parte importante e integrante del nostro gruppo. Iniziammo così tutti insieme, a dedicarci all’arrampicata che per diversi anni divenne la nostra principale attività sportiva e dopo un periodo di esercitazioni e pratica con corde, moschettoni, discensori e scalate varie, ci sentimmo pronti per affrontare le parti alpinistiche del Selvaggio Blu.
Nel 1993 rompendo gli indugi iniziammo l’esplorazione della parte meridionale del Selvaggio, quella che va da Perda Longa a Cala Goloritzè e nonostante qualche difficoltà di orientamento, lo percorremmo tutto in un lungo, faticoso ma stupendo fine settimana. Solo in seguito ci dedicammo alla parte settentrionale, quella più impegnativa, che decidemmo di percorrere in un secondo momento, non prima di aver compiuto delle esplorazioni di ricognizione per individuare i passaggi alpinistici e i punti ritenuti di più difficile localizzazione.
Questo fu indispensabile poiché le informazioni che circolavano in quel periodo su questo percorso, erano pochissime e a parte alcune vecchie cartine dell’I.G.M. che avevamo consultato, le uniche indicazioni in nostro possesso, erano rappresentate dalla carta escursionistica “Baunei Sentieri” senza dubbio utile ma non certamente esaustiva, in più non conoscevamo nessuno che avesse percorso il sentiero, per questi motivi decidemmo di muoverci con prudenza. Portammo a termine diverse esplorazioni, compiendo verifiche prima nel bacu Boladina per scoprire la paretina da arrampicare, poi nella zona di Mudaloru per cercare di identificare il primo punto di discesa in corda, in seguito esplorammo la zona di Urele e Feilau, la Scala Oggiastru e Piddi, fino a scoprire i salti per scendere nel pendio di Birìola.
Infine con un’ultima escursione, in uno splendido fine settimana di aprile del 1995 in compagnia di Giorgio e Sandro, individuammo anche il caratteristico passaggio di Su Strumpu e il diedro da arrampicare prima del grande salto in corda per scendere nel bosco di Sisine. Quel giorno la nostra soddisfazione fu tanta, poiché avendo trovato questi ultimi passaggi, quelli ritenuti più difficili, eravamo consapevoli che di lì a breve avremmo finalmente percorso integralmente tutto il Selvaggio Blu.
Nella primavera del 1996, infatti, partendo da Cala Goloritzè in tre lunghi, impegnativi ma stupendi giorni percorremmo finalmente tutto il sentiero fino a Cala Sisine. In queste nostre esplorazioni, prima alla ricerca dei punti chiave del percorso, poi nel suo integrale attraversamento, abbiamo spesso scoperto e visitato luoghi solitari e isolati, di difficile accesso, dove ci si può perdere all’interno di un’intricata vegetazione, ma al tempo stesso oltre che godere di panorami unici e ineguagliabili in tutto il Mediterraneo, ritrovare sempre con stupore e soddisfazione, le tracce e i sentieri lasciateci in pegno dagli uomini che in questi territori vissero e lavorarono duramente per tantissimi anni: i carbonai e i pastori-caprai. E’ grazie alla loro fitta rete di sentieri e passaggi nascosti, nella parte sopravvissuta al dissesto idrogeologico e alla parziale ricrescita del bosco, che è ancora possibile spostarsi all’interno di questo territorio e collegare i diversi punti altrimenti non raggiungibili di questo strepitoso itinerario.
L’aver percorso il Selvaggio Blu, l’averne osservato i colori, ascoltato i suoni, respirato i profumi, vissuto l’ambiente selvaggio e severo, accettato e sopportato gli imprevisti e i disagi, non placò la nostra curiosità, la nostra voglia di conoscenza anzi, contribuì a far nascere in noi il desiderio di lasciare una traccia del nostro passaggio. La nostra attenzione si concentrò così sul tratto di costa che va da Cala Sisine a Cala Luna, collegate con un’antica mulattiera, che spingendosi nell'entroterra permette di aggirare le difficoltà di un percorso costiero. Nonostante ciò, decidemmo di realizzare un collegamento alternativo tra le due cale a una quota altimetrica più bassa rispetto all’itinerario esistente.
Una “variante costiera” che congiungesse le due cale, sarebbe stata l'ideale epilogo del "Selvaggio Blu", rimasto incompiuto proprio sul tratto che va da Cala Sisine a Cala Luna. Nell'autunno del 1996 iniziammo l'esplorazione della zona riuscendo a percorrere un buon tratto di costa e a ricollegare i resti di antiche mulattiere, fermandoci soltanto a ridosso di un primo e ampio vallone apparentemente invalicabile. L'anno seguente trascorse, senza che si riuscisse a continuare l'esplorazione del rimanente tratto costiero, la scomparsa di Agostino tragicamente deceduto mentre scalava in solitaria una falesia di Capo Caccia ad Alghero, ci fece perdere l'entusiasmo e la voglia di proseguire il progetto intrapreso insieme con lui.
La passione e la testardaggine di Bastiano, che lo portarono a esplorare solitario quelle balze abbacinate dal sole, ci riportò tutti insieme in questo tratto di costa all'inizio del 1998. Sostenuti dal ricordo dell'amico scomparso dopo alcune continue e faticose uscite, riuscimmo a tracciare un sentiero che, costeggiando il mare unisce Cala Sisine con Cala Luna. L'obiettivo di percorrere un sentiero che collegasse le due Cale il più possibile vicino al mare, riteniamo sia stato raggiunto nel modo più logico possibile, anche se non sta certamente a noi giudicare la bontà di quanto fatto. Tuttavia sapere che oggi la variante costiera è diventata una realtà, apprezzata e percorsa da molti escursionisti, ci riempie di soddisfazione.
Gli anni seguenti fino a oggi, sono stati contraddistinti da un naturale consolidamento delle esperienze e da abituali uscite ed escursioni con vecchi e nuovi compagni di viaggio, alla scoperta di nuove realtà e nuovi posti che mi hanno portato a conoscere meglio e ad amare sempre di più la mia terra, ad acquisire una consapevolezza diversa dello stare a contatto con la natura, non più considerata soltanto come sfondo di un momento sportivo, ma soprattutto vissuta come scoperta e percezione più attenta e profonda del suo ambiente e dei suoi fondamentali elementi. Inoltre attraverso una formazione tecnica più appropriata, ho imparato in maniera più scrupolosa a osservare e considerare le montagne da un altro punto di vista, quello del rispetto e della sicurezza. E’ così che dopo tanti anni di "avventure” ho sentito il desiderio di creare uno spazio web.
INSIDESARDINIA, un nome che a qualche amico ha fatto storcere il naso, ad altri è sembrato un po' scontato e banale. Magari l'idea non è tra le più originali, ma l'intenzione non era certamente quella di nominare il sito in inglese per moda, più semplicemente tra quelli che ho preso in considerazione, è l’unico che alla fine mi sia piaciuto. L'idea di partenza era di realizzare un sito che parlasse della montagna sarda partendo per prima cosa dalle esperienze che vi ho vissuto e che desideravo in qualche modo raccontare. Quando ho iniziato a lavorarci all’inizio del 2009, non mi era ben chiaro quale sarebbe stato il suo futuro e ancora oggi il progetto non ha assunto un profilo ben definito. Tra l’altro l’intento di sviluppare il sito in un modo più romanzato, più personale e profondo, è stato per diversi motivi messo in disparte almeno per ora.
Le descrizioni tecniche sui percorsi hanno avuto in conseguenza di ciò, una rilevanza maggiore rispetto a quello che pensavo di dargli, ma questo forse era anche logico e naturale oltreché necessario. Comunque anche questo modo di proporre i percorsi, credo possa raccontare di come uno "sente e vive" la montagna. La pagina degli itinerari è perciò la sezione più importante di questo sito, quella che racchiude le esperienze che da circa vent’anni a questa parte mi hanno permesso di conoscere più a fondo la Sardegna. Il desiderio di descrivere alcune delle mie più belle escursioni, non nasce per smania di protagonismo, ma più semplicemente perché sono convinto che nel momento in cui si fanno partecipi gli altri delle proprie esperienze, le conoscenze di ognuno di noi possano essere utili e portino vantaggi a tutti, in ultima analisi sono un modo per condividere emozioni.
Questo spazio web non ha quindi scopo di lucro, ha esclusivamente come fine quello di fornire a qualunque persona interessata a praticare attività in ambito naturale in Sardegna, uno strumento utile per la conoscenza delle sue montagne e del suo ambiente. Oltre a ciò vuole valorizzare una disciplina sportiva, a basso impatto ambientale come l’escursionismo, diffusa in tutta Europa, ma che sta avendo soprattutto negli ultimi anni, uno sviluppo considerevole anche in Sardegna e che potrebbe essere inoltre utilizzata, in maniera attenta e oculata a fini turistici, per promuovere l’isola come meta ideale per il turismo all’aria aperta, in una logica di sviluppo e nell’ambito di una destagionalizzazione e delocalizzazione dei flussi. Infine spero che il sito possa funzionare anche come strumento per nuove conoscenze, di dialogo e confronto con altri appassionati di montagna, pertanto rimango a completa disposizione per qualsiasi esigenza e approfondimento.
Nel frattempo vi auguro una buona navigazione.
Roberto Manconi