GOLFO DI OROSEI - AMBIENTE E TERRITORIO
L’area geografica in cui si sviluppa l’itinerario Selvaggio Blu, è compresa all’interno del Golfo di Orosei e rappresenta una delle zone più interessanti per il trekking in Sardegna. Quest’area abbraccia due regioni storiche ben distinte come l’Ogliastra e la Baronia diverse tra loro per lingua, tradizione e storia, ma unite dallo stesso splendido mare e da un territorio tra i più belli del Mediterraneo. Il percorso ha inizio da Santa Maria Navarrese, frazione balneare del Comune di Baunei, e termina a Cala Gonone, frazione balneare del Comune di Dorgali, seguendo una direzione Sud-Nord che attraversa i territori comunali di entrambi. Questo vasto territorio, costituito da tavolati e massicci calcarei, confina a est con il Mar Tirreno, a ovest con il vicino Supramonte di Urzulei e Oliena, con il quale ha in comune affinità geologiche e storiche. La sua tormentata orografia, la scarsa viabilità interna e l’isolamento in cui ha vissuto questa parte di territorio rispetto ad altre più note zone dell’isola, ha permesso la conservazione di un ambiente naturale che non ha eguali in tutto il Mediterraneo.
Profondi valloni chiamati “Bacu e Codule”, che dagli altopiani scendono verso il mare, archi maestosi che emergono dalla vegetazione, guglie ardite che s’innalzano verso il cielo, grotte misteriose e profonde che forano il suo sottosuolo, forre scure e impenetrabili, hanno reso questo territorio selvaggio e inaccessibile. La vegetazione che ne riveste gli aspri pendii e i profondi valloni, è costituita da secolari ginepri, da centenari e maestosi lecci, tassi, roverelle, fichi, carrubi e da una lussureggiante macchia mediterranea. Le Cale che si affacciano sul Mar Tirreno sono delle piccole perle incastonate tra alte falesie precipiti, le loro sabbie bianchissime contrastano con l’acqua del mare dai colori verde smeraldo alternato al blu cobalto, rendendo questo luogo un angolo di paradiso.
Chi transita in questo territorio, quasi sempre a piedi o in alcuni tratti con l’ausilio dei fuoristrada, incontrerà i resti dell’antica civiltà nuragica che visse nel vasto altopiano del Golgo a Baunei, nell’ampia valle di Doloverre a Dorgali o in quella di Lanaitto a Oliena. Percorrerà le carrarecce, le mulattiere, o i sentieri che attraversano tutto il territorio, costruiti a fine del 1800 dai carbonai per consentire il taglio dei boschi, la fabbricazione e il trasporto del carbone fino alla costa. Si fermerà a osservare i vecchi Ovili o “Coiles”, le dimore per uomini e animali realizzati in pietra e ginepro, antica testimonianza della durezza della vita che conducevano i pastori-caprai in questi angoli di territorio abbacinato dal sole. Scorgerà il volo maestoso dell’aquila reale, o quello solenne del falco della regina e del falco pellegrino, oppure la corsa veloce del muflone o del cinghiale.
Questo e altro ancora, se il visitatore, lo sportivo, l’avventuriero, saprà spingere “oltre” il suo passo. Al di là di questa porzione di terra grosso modo ancora selvaggia e incontaminata, nell’isola delle Dee Madri, del Sardus Pater, dei pozzi sacri, delle tholos, delle antiche torri svettanti verso il cielo, dei bronzetti, delle mura ciclopiche, dei porti, delle pietre fitte, delle steles, dei templi, dei dolmen, dei santuari. Del cerchio e dell’ascia, dello scudo e della daga, dell’elmo cornuto e delle navicelle nuragiche, della terra sotto le stelle, del fuoco e dell’acqua sorgente, del clima dolce e gioioso. L’isola dei frutti e dei metalli, del carbone, dei greggi e dei canti, della fierezza e delle visioni primordiali. Al centro di un mondo antico. Lungo le rotte degli uomini di un tempo e, forse, anche di oggi.
Quasi come un sogno!
Un sogno in grado di tramutarsi in avventura sportiva, lontana dai clamori della quotidianità e più vicina ai ritmi della natura e del proprio sentire più profondo. Capace di influenzare l’anima con immagini, profumi e colori incantevoli e, perché no, incantati nello spazio e nel tempo, fissati, dipinti, incastonati in un piccolo grande universo, a tinte chiare, limpide, delicate e forti al tempo stesso. Capace di liberare sensazioni prepotenti, per proiettare corpo e spirito verso qualcosa di entusiasmante e affascinante, di fortemente invitante a percorrere, ognuno a proprio modo comunque, vie d’incomparabile e struggente bellezza.
Un sogno in grado di diventare realtà, una realtà concreta, in cui viversi e cimentarsi con la natura e con se stessi, con rispetto e sensibilità, con coraggio e tenacia, sempre consapevoli dei propri limiti e intenti. Consci di una grande energia primordiale presente tutto intorno, accarezzati dal suo respiro e dal suo sguardo, testimone dei tempi e dei suoi eventi, per sentirsi magari, con grande desiderio e limpida certezza, parte integrante di un “tutto”, misterioso e immenso.
E sarà un sogno che dall’oggi al domani saprà tramutarsi in uno o più gesti atletici, sportivi, umani, fatto di volontà d’esserci, di partire, d’arrivare, di crederci, di soffrire, di gioire, ma soprattutto ed essenzialmente di vivere se stessi e ciò che ci circonda nel modo più meraviglioso e vero, in armonia, con comprensione, con fiducia e pazienza.
Ora camminando lentamente, ora procedendo velocemente, sostenuti da forze conosciute e altre inaspettate, ritti sulle proprie gambe, con l’occhio attento al palcoscenico naturale dove rappresentare al meglio e con la massima sincerità la propria parte.
Un buon allenamento fisico, adeguatamente equipaggiati con la necessaria attrezzatura e le indispensabili informazioni di viaggio, cartine con l’andamento del percorso, quote e distanze, strumenti per l’orientamento e via, pronti a iniziare l’avventura, su un itinerario selvaggio dal sapore di corbezzolo e di bacche selvatiche, dal profumo salmastro di un mare incantato, dai colori grigio perlaceo del calcare, al verde e le sue multiformi sfumature più vive e brillanti della macchia, dalle forme scarne, acuminate e modellate di rocce, picchi, strapiombi e ginepri, testimoni silenziosi degli eventi secolari giunti fino ai nostri giorni per affermare, davanti a sguardi più attenti il vero senso della vita: essere ciò che si è.
Ecco il Selvaggio Blu che ci si appresta a percorrere, a vivere, con l’entusiasmo e la passione di chi ama il soffio dell’aria e del vento sul proprio corpo e il dolce calore del sole sulla pelle.
Profondi valloni chiamati “Bacu e Codule”, che dagli altopiani scendono verso il mare, archi maestosi che emergono dalla vegetazione, guglie ardite che s’innalzano verso il cielo, grotte misteriose e profonde che forano il suo sottosuolo, forre scure e impenetrabili, hanno reso questo territorio selvaggio e inaccessibile. La vegetazione che ne riveste gli aspri pendii e i profondi valloni, è costituita da secolari ginepri, da centenari e maestosi lecci, tassi, roverelle, fichi, carrubi e da una lussureggiante macchia mediterranea. Le Cale che si affacciano sul Mar Tirreno sono delle piccole perle incastonate tra alte falesie precipiti, le loro sabbie bianchissime contrastano con l’acqua del mare dai colori verde smeraldo alternato al blu cobalto, rendendo questo luogo un angolo di paradiso.
Chi transita in questo territorio, quasi sempre a piedi o in alcuni tratti con l’ausilio dei fuoristrada, incontrerà i resti dell’antica civiltà nuragica che visse nel vasto altopiano del Golgo a Baunei, nell’ampia valle di Doloverre a Dorgali o in quella di Lanaitto a Oliena. Percorrerà le carrarecce, le mulattiere, o i sentieri che attraversano tutto il territorio, costruiti a fine del 1800 dai carbonai per consentire il taglio dei boschi, la fabbricazione e il trasporto del carbone fino alla costa. Si fermerà a osservare i vecchi Ovili o “Coiles”, le dimore per uomini e animali realizzati in pietra e ginepro, antica testimonianza della durezza della vita che conducevano i pastori-caprai in questi angoli di territorio abbacinato dal sole. Scorgerà il volo maestoso dell’aquila reale, o quello solenne del falco della regina e del falco pellegrino, oppure la corsa veloce del muflone o del cinghiale.
Questo e altro ancora, se il visitatore, lo sportivo, l’avventuriero, saprà spingere “oltre” il suo passo. Al di là di questa porzione di terra grosso modo ancora selvaggia e incontaminata, nell’isola delle Dee Madri, del Sardus Pater, dei pozzi sacri, delle tholos, delle antiche torri svettanti verso il cielo, dei bronzetti, delle mura ciclopiche, dei porti, delle pietre fitte, delle steles, dei templi, dei dolmen, dei santuari. Del cerchio e dell’ascia, dello scudo e della daga, dell’elmo cornuto e delle navicelle nuragiche, della terra sotto le stelle, del fuoco e dell’acqua sorgente, del clima dolce e gioioso. L’isola dei frutti e dei metalli, del carbone, dei greggi e dei canti, della fierezza e delle visioni primordiali. Al centro di un mondo antico. Lungo le rotte degli uomini di un tempo e, forse, anche di oggi.
Quasi come un sogno!
Un sogno in grado di tramutarsi in avventura sportiva, lontana dai clamori della quotidianità e più vicina ai ritmi della natura e del proprio sentire più profondo. Capace di influenzare l’anima con immagini, profumi e colori incantevoli e, perché no, incantati nello spazio e nel tempo, fissati, dipinti, incastonati in un piccolo grande universo, a tinte chiare, limpide, delicate e forti al tempo stesso. Capace di liberare sensazioni prepotenti, per proiettare corpo e spirito verso qualcosa di entusiasmante e affascinante, di fortemente invitante a percorrere, ognuno a proprio modo comunque, vie d’incomparabile e struggente bellezza.
Un sogno in grado di diventare realtà, una realtà concreta, in cui viversi e cimentarsi con la natura e con se stessi, con rispetto e sensibilità, con coraggio e tenacia, sempre consapevoli dei propri limiti e intenti. Consci di una grande energia primordiale presente tutto intorno, accarezzati dal suo respiro e dal suo sguardo, testimone dei tempi e dei suoi eventi, per sentirsi magari, con grande desiderio e limpida certezza, parte integrante di un “tutto”, misterioso e immenso.
E sarà un sogno che dall’oggi al domani saprà tramutarsi in uno o più gesti atletici, sportivi, umani, fatto di volontà d’esserci, di partire, d’arrivare, di crederci, di soffrire, di gioire, ma soprattutto ed essenzialmente di vivere se stessi e ciò che ci circonda nel modo più meraviglioso e vero, in armonia, con comprensione, con fiducia e pazienza.
Ora camminando lentamente, ora procedendo velocemente, sostenuti da forze conosciute e altre inaspettate, ritti sulle proprie gambe, con l’occhio attento al palcoscenico naturale dove rappresentare al meglio e con la massima sincerità la propria parte.
Un buon allenamento fisico, adeguatamente equipaggiati con la necessaria attrezzatura e le indispensabili informazioni di viaggio, cartine con l’andamento del percorso, quote e distanze, strumenti per l’orientamento e via, pronti a iniziare l’avventura, su un itinerario selvaggio dal sapore di corbezzolo e di bacche selvatiche, dal profumo salmastro di un mare incantato, dai colori grigio perlaceo del calcare, al verde e le sue multiformi sfumature più vive e brillanti della macchia, dalle forme scarne, acuminate e modellate di rocce, picchi, strapiombi e ginepri, testimoni silenziosi degli eventi secolari giunti fino ai nostri giorni per affermare, davanti a sguardi più attenti il vero senso della vita: essere ciò che si è.
Ecco il Selvaggio Blu che ci si appresta a percorrere, a vivere, con l’entusiasmo e la passione di chi ama il soffio dell’aria e del vento sul proprio corpo e il dolce calore del sole sulla pelle.
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