lunedì 24 agosto 2009

CALA MARIOLU - CALA GABBIANI

"Le spiagge della Foca Monaca"

Si tratta di un Trekking nella Sardegna centro orientale che, passando nello splendido entroterra di BAUNEI, in un ambiente suggestivo ed ancora fondamentalmente integro sotto l'aspetto ecologico e, a contatto con una natura di straordinario interesse, ove è ancora possibile ritrovare quasi intatti i resti di una storia antichissima, consente di raggiungere via terra le bellissime spiagge di Ispuligidenìe, chiamate Cala Mariolu quella settentrionale e Cala Gabbiani quella meridionale, due perle della parte meridionale del Golfo di Orosei.


Luogo del Trekking : Sardegna, Golfo di Orosei, Comune di Baunei, Provincia Ogliastra.
Itinerario : Cala Mariolu - Cala Gabbiani, Le spiagge della Foca Monaca
Località di partenza : Altopiano del Golgo Località Ferir D'Abba (370 m s.l.m.)
Località di arrivo : Spiaggia di Cala Mariolu e di Cala Gabbiani
Sviluppo: 4 km circa
Tempo di percorrenza : 5-6 ore a/r
Difficoltà : EE (Escursionismo Esperti)
Dislivello : ­785 m in salita - 785 m in discesa
Segnavia : Segni e bolli di vernice rossa, omini di pietra
Periodo consigliato : Primavera e Autunno
Punti di appoggio : Posto di ristoro "Su Porteddu" e del "Golgo" con piccolo campeggio annesso
Pernottamento: Baunei B&B , Santa Maria Navarrese Hotel
Cartografia: IGM 1: 25000

Foglio 518 sezione III Capo di Monte Santo, Foglio 518 sezione IV Punta ‘e Lattone, Foglio 517 sezione I Cantoniera Genna Silana


AMBIENTE NATURALE:
Il Supramonte di Baunei è un vasto massiccio calcareo-dolomitico, costituito da alte falesie strapiombanti sul mare, interrotte ogni tanto da profonde valli (codule) ricche di grotte, archi e guglie che terminano con bellissimi arenili (cale) come quelli descritti nell’itinerario. La rigogliosa vegetazione è costituita prevalentemente da macchia mediterranea, ginepri secolari (Juniperus oxycedrus, Juniperus phoenicea), lecci (Quercus ilex), olivastri (Olea europea subsp. sylvestris), roverelle (Quercus pubescens), lentisco (Pistacia lentiscus), corbezzoli (Arbutus unedo) ed altri endemismi. In primavera si assiste alla fioritura dei cisti dai fiori bianchi e rosa (Cistus salvifolius, Cistus incanus, Cistus creticum), delle ginestre gialle (Calycotome villosa, Calycotome spinosa, Genista corsica), delle euforbie (Euphorbia dendroides, Euphorbia spinosa), degli asfodeli (Asphodelus microcarpus, Asphodelus fistulosus) e dei gigli stella (Pancratium illyricum). Lungo i sentieri, il timo (Thymus herba-barona), il rosmarino (Rosmarinus officinalis), la lavanda (Lavandula stoechas), l’elicriso (Helichrysum italicum, Helichrysum saxatile) emanano profumi intensissimi e contribuiscono a rendere l’ambiente variegato anche dal punto di vista olfattivo. La fauna, anch’essa ricca e varia, è costituita da cinghiali (Sus scrofa meridionalis), mufloni (Ovis musimon), volpi (Vulpes ichnusae), nonché da numerosi uccelli predatori quale il falco pellegrino (Falco peregrinus), il falco della Regina (Falco eleonorae), il gheppio (Falco tinnunculus), la poiana (Buteo buteo) ed altri comuni volatili come rondini, taccole, ghiandaie, gabbiani ed il singolare Assiolo (Otus scops) (Sa Tonca in sardo) che di notte scandisce il trascorrere del tempo con il suo ritmico ululo unendosi al dolce suono della risacca del mare.

Fra le spiagge più note di quel bellissimo tratto di costa chiamato Golfo di Orosei, che va da Cala Gonone (Dorgali) a Santa Maria Navarrese (Baunei), vogliamo segnalare le spiagge di Ispuligidenìe, chiamate anche Cala Mariolu e Cala Gabbiani, vere e proprie perle del Mediterraneo per la loro selvaggia ed incontaminata purezza, nonostante il turismo di massa sia arrivato anche in questo paradiso naturale. Le due cale, oltre ad essere molto vicine, hanno in comune l’isolamento dovuto al difficile accesso da terra e la lunga distanza dai centri abitati costieri di Cala Gonone e Santa Maria Navarrese. E’ necessaria più di un’ora per arrivarci via mare con piccoli natanti. Solo Cala Mariolu offre la possibilità di attracco ai battelli turistici e soltanto nella stagione estiva. Fini arenili ricchi di minuscoli ciottoli bianco candido come neve (da cui il nome di Ispuligidenìe, che significa “le pulci di neve”), acque cristalline dai colori mozzafiato, uniti al selvaggio ambiente sovrastante, costituito da alte e maestose falesie bianche ricoperte di antichi boschi rendono queste cale uniche per il loro fascino senza tempo. L’asprezza del territorio, la mancanza di vere e proprie strade che portano a mare (guardando le carte geografiche è possibile rilevare che tra il mare e la S.S. 125 non c’è nessuna traccia di insediamenti urbani o di viabilità stradale), suggeriscono di raggiungere le cale via mare. Ma se si ama camminare immersi in un paesaggio straordinario, costituito da gole, guglie, rilievi carsici ricoperti da fitti boschi di ginepri, lecci, roverelle, tassi, dove il silenzio è interrotto soltanto dal rumore dei propri passi, niente è più emozionante di una bella escursione a piedi. Anche se i sentieri e le mulattiere sono ormai poco evidenti, le tracce lasciate dall’uomo sono ancora lì a testimoniare la durezza della vita in questi territori isolati. Nonostante la tormentata orografia, la rete dei sentieri e delle mulattiere conducono al mare seguendo naturalmente le curve aspre del terreno e aprendo in più punti piccole finestre sul vuoto, dalle quali è possibile ammirare panorami unici in tutto il Mediterraneo.

L’OSPITALITA' DI ZIU VINCENZO:
Di ritorno da una delle tante escursioni in questo territorio, ci fermammo per una breve pausa nei pressi di un ovile localizzato sotto le pendici del Bruncu Pisu, rilievo calcareo distante qualche chilometro dalla Chiesa di San Pietro del Golgo. Il lento e monotono suono dei campanacci ci avvertì dell’arrivo delle capre per la mungitura serale, la loro comparsa fu seguita da quella di un anziano capraio che, con andatura agile, si affrettò a spingerle all’interno del recinto. Si diresse poi alla nostra volta, per dedicarci la propria attenzione e cordialità. Conoscemmo così Ziu Vincenzo che, come tutti i caprai e pastori del Supramonte, rivelò una profonda conoscenza del territorio, oltre ad un gran senso d’ospitalità. Nel raccontarci dei suoi anni giovanili, trascorsi a rincorrere le capre lungo balze abbacinate dal sole o tra ampi e profondi dirupi, ci parlò anche delle bellissime cale di Ispuligidenìe dove, nascosto dalla vegetazione, spiava le foche monache distese sull’arenile a crogiolarsi al sole. La spiaggia settentrionale chiamata Cala Mariolu (nome dato alla cala dai Dorgalesi) ha origine da mariuolo, nomignolo con il quale i pescatori di Ponza insediatisi a Cala Gonone chiamavano la Foca Monaca, accusata di essere ladra di pesci dalle loro reti) è stata la meta di una delle nostre prime escursioni in quest’angolo di mediterraneo selvaggio, la cui bellezza è data oltre dal bianco arenile di minuscoli ciottoli bianchi, anche dalle alte bastionate calcaree che incombono su di essa, mitigate soltanto da un ampio pendio boscoso, (un lembo di foresta mista considerata area di rilevante interesse naturalistico per la presenza del raro carpino nero (Ostrya carpinifolia) che degrada a mare sul suo lato destro, consentendone l’accesso anche da terra. La spiaggia meridionale, chiamata Cala Gabbiani per la nutrita presenza dei simpatici volatili, è separata da Cala Mariolu da un alto costone calcareo che cade perpendicolarmente all’arenile, tale isolamento rende possibile l’accesso solo via mare. Nel percorrere il sentiero che da Serra e Lattone porta a Cala Mariolu, ad una quota di circa 30 m s.l.m. un ampio punto panoramico ci consentì più volte di osservare dall’alto la bellissima Cala Gabbiani, ma non purtroppo la possibilità di accedervi. Ziu Vincenzo c’informò invece, di esservi sceso più volte sfruttando le ardite scale di legno (iscalas ‘e fuste) costruite dai pastori, per poter salire e scendere tra dirupi e falesie, altrimenti non percorribili. L’impossibilità di accedervi era dovuta soltanto al graduale e costante franare del materiale incoerente di natura detritica su cui poggiavano vere e proprie opere di grande ingegno, realizzate utilizzando quello che la natura offriva loro: legno e pietra. Del resto, secondo Ziu Vincenzo, bastava percorrere una traccia di sentiero che si spingeva verso la frana per capire che un tempo era stato possibile scendere agevolmente anche a Cala Gabbiani. Il fortuito incontro con l’anziano capraio, oltre a lasciarci un gradito ricordo della sua ospitalità e della sua grande saggezza, ci fornì le tracce per una possibile esplorazione del bosco terminale che lambisce i dirupi tormentati di Cala Gabbiani.

A PIEDI FINO AL MARE:
L’arrivo del mese di Maggio ci offrì la prima occasione di esplorare quel tratto di costa, ma una leggera pioggia che aumentava la scivolosità del calcare sotto i piedi, c’impedì di proseguire, costringendoci ad abbandonare la mulattiera che si snoda sotto l’ampio vallone di Piredda. Il secondo tentativo, compiuto una settimana dopo, ci portò dopo qualche ora all’ingresso di un sentiero che, sebbene nascosto dalla vegetazione, rivelava le caratteristiche di un passaggio realizzato dall’uomo. Lo seguimmo per un centinaio di metri, finché non s’interruppe a ridosso di un’ampia frana, la cui forte pendenza ci obbligò ad una cauta discesa esplorativa per accertarci di un possibile collegamento con il bosco sottostante. Purtroppo dopo qualche decina di metri, ritornammo faticosamente sui nostri passi, perché una serie di dirupi impediva qualunque tentativo di discesa. Ripercorremmo pertanto il sentiero a ritroso, individuando un altro possibile accesso al bosco sottostante in una cengia piuttosto stretta, ma tutto sommato sufficientemente percorribile. La discesa si rivelò piuttosto pericolosa, poiché le piccole cenge franose che ci aiutavano a scendere verso il basso presentavano una notevole pendenza, tanto che in più punti fummo costretti a scavare dei piccoli gradini per mantenere un sufficiente equilibrio. Tanta fatica fu fortunatamente ripagata: infine sbucammo lungo il pendio boscoso che degradava sopra la cala e con una discesa veloce tra sfasciumi di calcare e tratti aperti di vegetazione ci affacciammo su Cala Gabbiani. L’emozione di essere tanto vicino all’arenile fu per un attimo spenta dall’impossibilità di potervi scendere, poiché le piccole falesie sovrastanti la cala erano pur sempre alte qualche decina di metri, perciò ci dividemmo per esplorare i lati del pendio. Il silenzio del bosco fu rotto dalle urla felici di Bastiano che aveva individuato una possibile discesa. Quando lo raggiungemmo lo vedemmo lanciarsi a folle velocità su un lungo e stretto colatoio franoso e quindi saltare sul bianco arenile. Qualche minuto dopo, i nostri corpi si adagiavano sulla spiaggia per un meritato riposo, interrotto da un tuffo in quelle acque dai colori cangianti tra il cristallo e lo smeraldo, che ci accolsero in un freddo ma emozionante abbraccio.

DESCRIZIONE DELL’ ITINERARIO:
L’itinerario da noi segnalato, ha uno sviluppo di circa 4 km, con superamento di 785 metri di dislivello in discesa e altrettanti in salita (vedi cartina allegata). Il percorso è proposto ad un escursionista esperto per i seguenti motivi: 1) difficoltà di orientamento; 2) problematicità della parte finale dell’itinerario che porta a Cala Gabbiani e della discesa a Cala Mariolu; 3) lunghezza e dislivello del percorso ( il tempo di percorrenza andata - ritorno per entrambe le spiagge è di circa 5-6 ore). E’ necessaria una buona dimestichezza nell’uso corretto della cartina topografica, dell’altimetro e della bussola. Dovendo attraversare una vasta regione disabitata, potrebbe essere oltremodo pericoloso avventurarsi senza le dovute precauzioni e senza conoscerne il territorio. Nei periodi più caldi è utile non lesinare con la scorta dei liquidi, poiché lungo il percorso non c'è traccia di acqua, e la stessa è reperibile soltanto in piccole quantità in una piccola grotta ubicata presso Cala Mariolu e in ogni caso soltanto durante la stagione primaverile. Per arrivare al punto di partenza del percorso che andremo a descrivere, saliamo dall'abitato di Baunei, percorrendo una strada asfaltata, sino all'altopiano del Golgo; da qui, una sterrata disagevole ci conduce alla Chiesa campestre di San Pietro (385 m s.l.m.) (0). Dopo un chilometro arriviamo ad un bivio dove un cartello di legno ci indica “Ispuligidenìe” sulla destra. Siamo in località Ferir d’Abba (1). Seguiamo l’indicazione del cartello e deviamo verso destra (direzione NNE) lungo la sterrata e dopo qualche centinaio di metri arriviamo in prossimità dell’ovile di Ziu Vincenzo. Qui lasciamo le auto e iniziamo il nostro trekking. Alla quota 370 m s.l.m. imbocchiamo un’evidente mulattiera che con sinuose curve inizia a salire di quota, aggirando in senso orario la cresta del Bruncu e Pisu (628 m s.l.m. direzione NNO e poi Est) e transitando in località Piredda. Raggiungiamo così la quota di 431 m s.l.m. nei pressi della località di Pedralba, lasciamo sulla nostra sinistra un’evidente mulattiera che scende verso il Bacu Mudaloru e proseguiamo verso destra (direzione NNE e dopo SSE) fino ad arrivare nei pressi di una sella naturale (direzione NNE), da cui affacciandosi sul lato destro (direzione SSE) si osserva un ampio vallone che termina nel Bacu Boladina (transito obbligato per il sentiero Selvaggio Blu) (2): siamo ad una quota di 475 m s.l.m. Proseguiamo alla nostra sinistra lungo la mulattiera (direzione Est) che, rinforzata in più punti con vecchi tronchi di ginepro, ci porta nei pressi di due grandi ovili in pietra (cuiles, barracos, pinnetos) in località S’Arcu e su Tasaru (toponimo in dialetto Baunese non segnalato in cartina) ad una quota di 520 m s.l.m. (3). Lasciamo gli ovili alla nostra destra e proseguiamo lungo una traccia di sentiero (direzione NNO), segnalato costantemente da segni rossi; da qui, saliamo lentamente verso l’evidente cresta di Serra e Lattone che si percorre fino ad una quota di circa 570 m s.l.m.. Occorre fare molta attenzione ai segni colorati che troviamo lungo questo tratto di sentiero, poiché alcuni di colore blu e rosso molto sbiaditi continuano lungo il filo della cresta (luogo di transito del sentiero Selvaggio Blu), mentre altri di colore rosso più intenso deviano sulla destra lungo una traccia di sentiero che inizia a scendere verso il pendio boscoso, unico punto di discesa alle spiagge (4). Seguiamo le tracce di sentiero che scendono quest’ultimo (direzione NNE), e scendiamo rapidamente di quota fino ad intercettare i ruderi di una vecchia dispensa; il sentiero scompare per lasciare il posto ai resti di una mulattiera che termina sull’orlo di una cengia, dove una scala di ginepro realizzata dai pastori ci permette di scendere nel pendio sottostante. Attraversiamo un ampio pendio ghiaioso ad una quota di 450 m s.l.m. dove, percorsi un centinaio di metri, ci troviamo di fronte ad un maestoso arco naturale scavato nella roccia, dal cui foro s’intravede la Punta di Ispuligi e le cale sottostanti, oltre ad un ampio quanto bellissimo panorama che si apre su Cala Gonone e la parte nord del Golfo di Orosei (5). Si supera l’arco e passando all’interno di un foro nella roccia, si discende con estrema attenzione una vecchia scala di ginepro (iscala ‘e fuste), rinforzata in più punti da cavi d’acciaio. Subito dopo un ripido pendio ghiaioso ci porta sotto le grandi falesie e verso il bosco sottostante (direzione Est). Siamo all’interno del bosco di Ispuligidenìe, seguiamo le tracce ripidissime di una mulattiera che tra una curva e l’altra continua ad abbassarsi molto velocemente sino a rasentare un’alta falesia sulla nostra destra. Alla quota di 200 m s.l.m. troviamo un piccolo grottino, al cui interno si può notare uno stillicidio che consente la raccolta di una piccola quantità di acqua (6). Superato il grottino si continua in costante discesa fino a quando ci troviamo davanti ad un bivio. Siamo alla quota di 100 m s.l.m.. Sulla destra (direzione SSE) una traccia di sentiero penetra all’interno della vegetazione per condurci verso la spiaggia meridionale di Cala Gabbiani (7). Il sentiero di sinistra (direzione NNO) condurrà invece alla spiaggia settentrionale di Cala Mariolu.

DISCESA A CALA MARIOLU:
Abbandoniamo per ora la traccia di sentiero, che descriveremo in seguito, e proseguiamo lungo il sentiero che piega decisamente verso sinistra, fino ad intercettare un grande canalone ghiaioso (direzione NNO) per poi attraversarlo lungo tutta la sua ampiezza su un’esile cengia instabile. Continuiamo a scendere di quota lungo il bordo di un’alta falesia che a circa 30 m s.l.m. consente una visione mozzafiato della sottostante spiaggia di Cala Gabbiani (8). A questo punto, si prosegue per qualche centinaio di metri per uscire infine dal bosco, nei pressi di un vecchio forno realizzato dai carbonai a fine 800”. Si prosegue sul bordo sinistro del pendio ghiaioso, indovinando la discesa su alcuni gradoni naturali di arenaria che ci permettono di ammirare in tutta la sua bellezza, la spiaggia settentrionale di Cala Mariolu. La discesa verso la cala avviene lungo una cengia che termina con un salto di roccia; con estrema attenzione si disarrampica la parete di circa 4 m - difficoltà III (è presente un chiodo per eventuale calata con un cordino). Si prosegue su sfasciumi di pietra e dopo aver superato un’altra piccola frana si arriva sulla spiaggia.

DISCESA A CALA GABBIANI:
Torniamo ora all’imbocco dell’evidente traccia di sentiero, quota 100 m s.l.m. (7), che s’insinua all’interno della vegetazione verso destra (direzione SSE): seguiamola con attenzione finché dopo alcune decine di metri, sul lato sinistro a mare individuiamo un piccolo rilievo roccioso che degrada verso il basso, lo percorriamo con cautela fino a che non termina su una cengia franosa. In questo punto l’intero costone è progressivamente franato, e diventa difficile seguire un itinerario ben preciso, perciò occorre scendere sulla frana sottostante prestando attenzione a mantenere un buon equilibrio. Costeggiamo un’esile traccia parallela ad una cresta rocciosa che incombe sul nostro capo, fino a che non termina su un ampio pendio ghiaioso circondato da un’intricata vegetazione (9). Lo percorriamo mantenendoci, vista la sua forte pendenza, vicino alla vegetazione per arrivare dopo qualche minuto sul bordo della falesia. Siamo sul bordo del costone roccioso che sovrasta la parte iniziale di Cala Gabbiani, ci spostiamo sulla nostra sinistra forando in qualche modo una fitta vegetazione ricca di rovi, finché non intercettiamo un lungo e ripidissimo colatoio dal fondo ghiaioso e instabile; con attenzione scendiamo in equilibrio precario arrestandoci su cumuli di massi calcarei, superati i quali siamo finalmente in spiaggia.

LA FOCA MONACA (Monachus monachus):CLASSE: Mammiferi; ORDINE: Carnivori; SOTTORDINE: Pinnipedi FAMIGLIA: Focidi; GENERE: Monachus; SPECIE: monachus monachus Hermann, 1779.
La Foca Monaca un tempo era presente in numero consistente lungo tutte le coste della Sardegna. Questo splendido mammifero chiamato anche Vitello Marino o Bue Marino, ha popolato le spiagge e le grotte dell’intero Golfo di Orosei fino alla fine degli anni “60, finché confinato in piccoli gruppi nei rari tratti di costa meno alterati e disturbati dall’uomo, ha subito un lento e inesorabile declino fino a scomparire del tutto. Definita “nemica” dei pescatori, perché insaziabile divoratrice di pesci e crostacei, rubava le prede intrappolate nelle reti, lasciando spesso un regalo poco gradito: buchi larghi anche un paio di metri, è stata combattuta e decimata a colpi di fucile ed esplosivo. E’ ormai una delle specie più minacciate di estinzione al mondo e in assoluto in Europa, e purtroppo la causa principale è sempre l’uomo con la sua pressione e le sue attività (cementificazione delle coste, invasione di turisti, pesca, depauperamento dei fondali da parte dei pescherecci con reti a strascico). In tutto il Mediterraneo non sopravvivono che circa 400-500 esemplari e le uniche colonie di una certa consistenza sono localizzate nella Costa Nordafricana e nell’arcipelago Greco (Isole Sporadi). In Sardegna da qualche tempo si riprendono a registrare avvistamenti attendibili, l’ultimo dei quali risale ad alcuni anni fa nei pressi dell’isola di Tavolara, ma è molto probabile si tratti di singoli esemplari vaganti e non di un nucleo stanziale.


NOTIZIE UTILI:

a) Come arrivare: Il Comune di BAUNEI, si raggiunge con l'auto o con i mezzi pubblici percorrendo la S.S. 125 Orientale Sarda. 
b) Quando andare: Il sentiero è percorribile preferibilmente nei mesi primaverili da Marzo a Maggio, oppure alla fine della stagione estiva da Settembre a Dicembre. E’ possibile percorrerlo anche nei mesi che vanno da Giugno ad Agosto, ma occorre tener presente che le due Cale sono raggiunte dai turisti via mare, inoltre la discesa all’interno del bosco di Ispuligidenìe diventa una vera e proprio tortura data l’alta temperatura del periodo estivo. 
c) Attrezzatura ed equipaggiamento: Considerato che si cammina su un terreno carsico, ricco di spuntoni e sfasciumi di roccia, è necessario calzare dei buoni scarponi da trekking. Evitare di portare calzoni corti, per via della folta vegetazione spinosa. Portarsi dietro almeno due - tre litri d'acqua. 
d) Difficoltà: La zona di territorio attraversata è completamente disabitata, le uniche tracce di presenza umana sono legate alla stagione della caccia o al passaggio e pascolo delle capre. Vista la severità del percorso e la difficoltà nell'orientarsi, il sentiero è tracciato ogni tanto con segni di vernice rossi e omini di pietra. 
e) In caso di emergenza: Lungo il percorso è possibile trovare riparo nei due ovili di Serra Lattone, e in due piccole grotte, sia a Cala Mariolu sia a Cala Gabbiani. 
f) Pernottamento: Non è possibile nessun tipo di pernottamento, se non ritornando a Baunei o a Santa Maria Navarrese. 
g) Cartografia: L'itinerario è individuabile con l'aiuto della cartografia dell'I.G.M. in particolare con il Foglio 518 sezione IV Punta ‘e Lattone o la vecchia Tavoletta del 1959 foglio 208 III NE Punta S’Abbadorgiu. 
h) Informazioni : Per informazioni sui percorsi rivolgersi a Roberto MANCONI Tel. 3495535624 e-mail: robertomanconi@yahoo.it - Francesco FADDA Tel. 3478561593 e-mail: mary.gio@tiscalinet.it

TERMINI RICORRENTI:

Cuile, Pinnettu o Barraccu:
ovile. Tipico rifugio del pastore di capre, a forma conica con un basamento circolare in pietra calcarea, le pareti fatte con tronchi e corteccia di ginepro e la sommità spesso chiusa da una pietra piatta. Oltre a dimora del pastore, fungeva da luogo in cui si svolgevano tutte le fasi di lavorazione e trasformazione del latte in formaggio. E’ un elemento caratteristico del panorama del Supramonte, testimonianza della millenaria attività pastorale;

Mulattiera: antico sentiero per il più distrutto e nascosto dalla vegetazione, costruito alla fine del 1800 dai carbonai per consentire il taglio dei boschi, la fabbricazione e il trasporto del carbone fino alla costa. Costruita con massicciate in pietra, era larga tanto da consentire il passaggio di due muli carichi e in certi casi di una carretta. Ovunque sono ancora visibili i caratteristici spiazzi rotondi delle carbonaie, come pure le colchere in pietra per la fabbricazione della calce.
Iscalas ‘e fuste: ardite rampe artificiali realizzate dai pastori per facilitare il superamento di brevi salti di roccia o esili cenge, costituite da un intreccio di rami e tronchi di ginepro opportunamente legati tra loro e conficcati in piccoli buchi delle pareti rocciose.
Bacu: gola o valle scavata da un fiume ormai completamente secco;
Cala: spiaggia. Insenatura marina molto aperta, con acque poco profonde; Codula: canyon, gola; Girove o Ghirove: Bosco;
Bruncu, Fruncu, Runcu: indica zone sommatali delle montagne (punta, cima, vetta);
Genna: indica i passaggi, i valichi di montagna.


MENU'...